Una mimosa per tutto l’anno
Oggi, 8 marzo, si festeggia quella che è la ricorrenza nota sotto il nome di “festa della donna” o “giornata internazionale della donna”, sorta con lo scopo di ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze cui sono ancora oggetto.
Questa giornata si è tenuta per la prima volta negli Stati Uniti nel 1909, in alcuni paesi europei nel 1911 e in Italia nel 1922, dove si svolge ancora oggi. Nel tempo si è erroneamente diffusa la leggenda che la giornata dell’8 marzo fosse stata istituita appositamente per ricordare la morte di centinaia di operaie nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie Cotton o Cottons avvenuto nel 1908 a New York, facendo probabilmente confusione con una tragedia realmente verificatasi in quella città il 25 marzo 1911, l’incendio della fabbrica Triangle, nella quale morirono 146 lavoratori (123 donne e 23 uomini).
Nel tempo questa festività è stata fuorviata nel suo reale intento, banalizzata dalle stesse donne nelle indegne modalità di festeggiamento. Non è casuale la scelta di affrontare questa tematica proprio in tale ricorrenza, credo esistano infiniti modi per celebrare questa giornata ed io ho scelto quello della riflessione.
Ogni anno, per un giorno all’anno (prestabilito), improvvisamente si festeggia il genere femminile: mariti, fidanzati, spasimanti, padri accorrono all’acquisto di un mazzo di mimose da regalare alle proprie donne, un gesto indubbiamente dolce ed apprezzabile. Non mi unirò al coro di quanti si indignano per un romantico gesto come questo, porrò semmai l’accento sull’importanza del non dimenticare le donne tutto il resto dell’anno. Non è il regalare una mimosa nella ricorrenza dell’8 marzo a portare con sé la mancanza di riguardo e di rispetto verso il genere femminile, ma è il ricordarsene solo in questa giornata.
Non scriverò su quanto gli uomini ci manchino di rispetto, perché non sono gli unici a farlo, siamo noi stesse in questa giornata festeggiando non i diritti che faticosamente ci siamo guadagnate, non la parità dei sessi che tanto quotidianamente reclamiamo, quanto la libertà di regredire prenotando tavoli nei locali dove organizzano spogliarelli per inchinarci, ancora una volta, di fronte a corpi maschili marmorei dando a quegli uomini che ci considerano solo come “femmine” il diritto di continuare a farlo. No, certo, non tutte le donne l’8 marzo decidono di calpestare in tal modo la propria dignità, così come ci sono uomini che non sono maschi, ci sono donne che non sono femmine, ma ci sono anche donne, che per quanto tali, non hanno l’opportunità di esprimersi nella loro essenza.
Donne che quotidianamente tra le mura domestiche, apparentemente innocue, subiscono costantemente violenze da parte dei loro mariti o conviventi, che vivono nel silenzio e nell’inverno di questi incessanti abusi, che si fanno forza per loro stesse e per i loro figli, donne che vivono all’ombra di queste tragedie invisibili, ma non per questo inesistenti.
Donne alle quali non è permesso nemmeno di trascorrere una serata con le amiche fra chiacchiere e confidenze in questo 8 marzo, perché non hanno alcun diritto, che ricevono dai loro stessi carnefici, un giorno prima causa delle loro sofferenze, mimose per festeggiare “la donna”, anziché il rispetto.
Donne spesse volte sole e smarrite che non sanno a chi rivolgersi per trovare sollievo in quell’immenso dolore e allora l’unica soluzione a questo male è l’informazione, a tale proposito ringrazio vivamente l’avvocato Raffaella Casamassima, presidente dell’associazione “No More-Difesa Donna” per l’importantissimo lavoro da lei svolto garantendo un servizio di primo ascolto per le donne e l’anonimato oltre che il rispetto della privacy.
La “tragedia di genere” affonda le sue radici nella nostra stessa cultura, il modo dunque per scalfire tale male è nell’iniziare, fin dall’educazione impartita dalle famiglie, a cambiare il modo di guardare e concepire la donna, oltre che il rendere sempre più noti i centri antiviolenza, strutture appositamente istituite a tutela di queste donne.
Il senso di questa giornata non è dunque l’astenersi dal divertimento o dal festeggiamento, ma il non banalizzare..buona festa della donna, tutto l’anno!
S.P.