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L’arbitro finanziario contro le trappole delle banche. La relazione

Il caso del cliente che si vede bloccare il conto corrente dalla banca per costringerlo a sistemare le sue pendenze economiche con la banca stessa; quello a cui viene impedito di chiudere il conto per lo stesso motivo; il titolare di libretto di risparmio a cui vengono modificate le condizioni contrattuali senza avvertirlo; e poi ipoteche eccessive, calcolo dei tassi di mutuo e di finanziamento non trasparente, interessi anatocistici addebitati a una linea di credito, con il risultato che aggiungendo gli interessi maturati al capitale, il debito residuo si gonfiasse. Le mille trappole che banche e società finanziarie (queste ultime in numero crescente) tendono ai loro clienti sono raccontate nell’ultima Relazione annuale dell’Arbitro bancario finanziario come casi giuridici, ma illuminano anche alcune pieghe dell’attività bancaria in cui è la caccia a spremere tutto il guadagno possibile dalla vendita dei servizi il vero obiettivo.

L’ondata di richieste di giustizia che arriva all’indirizzo dei vari collegi in cui si articola sul territorio l’Abf è ormai una specie di tsunami: i casi sottoposti sono stati 21.652 contro i 13.578 del 2015, cioè sono cresciuti nel 2016 del 60 per cento e il ritmo ha continuato a incalzare nel primo quadrimestre di quest’anno, il che fa prevedere un ulteriore incremento. Non tutti i ricorsi sono fondati, certo, e solo la metà vengono accolti, ma evidentemente per chi fa appello ne vale la pena.

Il boom dell’ultimo anno è dovuto soprattutto a una precisa casistica: i contratti di cessione del quinto, quel tipo di finanziamento in cui chi si indebita si impegna a cedere al finanziatore una quota non superiore a un quinto del proprio stipendio o pensione. Come contagiati da uno stesso virus, i malcapitati clienti hanno prodotto oltre 15 mila segnalazioni all’Abf. È certamente un boom che, se ancora ce ne fosse bisogno, rappresenta un altro tassello dell’Italia in difficoltà economica: i casi esposti all’Abf sono concentrati soprattutto nelle regioni del Sud, con l’aggiunta della Liguria, a raccontare come alle ristrettezze si aggiunga anche una cultura finanziaria più precaria.

Ma quando si entra nel merito delle contestazioni, è evidente come le banche non esitino ad applicare regole “borderline” al cliente: non inseriscono nel “taeg”, che è il tasso sintetico, il costo dell’assicurazione contro il rischio di insolvenza, incassano il prezzo riconosciuto all’intermediario anche se costui non c’è, oppure ()


Estratto dell’articolo pubblicato da quifinanza.it. Prosegue sul loro sito.